Forse un poco tutti ricorderanno il film di Carlo Verdone in cui l’attore Mario Brega faceva una iniezione alla nonna del protagonista, che era la Sora Lella; quando la nonna si complimentò per non aver sentito nessun dolore, Mario Brega disse che la sua mano poteva essere ferro o piuma, ma quel giorno era stata piuma. Perché questa frase mi fa pensare? Mi fa pensare in quanto ritengo che afferma, in modo ironico e adatto a quella commedia, una verità che comunque è dell’ordine naturale. Cioè, la misericordia non può essere se stessa se non è intimamente legata alla giustizia. Non possiamo pensare che una mano che può essere soltanto piuma, rimanendo all’esempio di Mario Brega, possa essere ugualmente efficace.
Su un piano ovviamente più alto, possiamo vedere cosa diceva Mons. Antonio Livi in una intervista di qualche anno fa: “Per più di cinquant’anni i teologi eretici, malvagi, hanno cercato di conquistare il potere, e adesso ci sono riusciti. E’ per questo che parlo di eresia al potere. Non sono i papi ad essere eretici; non ho mai detto questo di nessun Papa. I papi hanno subito questa influenza e non vi si sono opposti. Essi hanno seguito quell’idea folle di Giovanni XXIII che diceva: affermiamo la dottrina di sempre, ma senza condannare nessuno. E’ impossibile; la condanna fa parte dell’esplicitazione del dogma, è l’altra faccia della stessa medaglia. Se si vuole applicare il dogma ai tempi moderni, in cui vi sono delle eresie, bisogna necessariamente condannarle. Non condannare alcunché significa approvare tutto; e approvare tutto significa che non vi è più la fede cattolica” (Gloria TV 2018). Purtoppo però, noi viviamo un tempo in cui la giusta condanna per quello che è riprovevole viene vista come riprovevole essa stessa. Ma la misericordia senza la giustizia smette semplicemente di essere misericordia e diviene tirannia del buonismo.
Questa mentalità, che è molto presente anche nella nostra società, è diventata ormai dilagante nella Chiesa cattolica. Oggi, bisogna accettare tutto, bisogna dialogare sempre e comunque, anche se non si capisce bene a cosa miri il dialogo, quando è privato del suo oggetto ultimo. L’importante e dialogare, tanto per dialogare. Questa, mi sembra una mentalità estremamente deleteria, profondamente sbagliata. Il dialogo è un mezzo, non può essere un fine. Bisogna considerare come tutto questo sia oramai ben operante nella liturgia, in cui tutti hanno diritti, eccetto Dio. Tutto si può fare, bisogna rispettare tutti, chi non sa cantare devi cantare, chi non sa leggere devi leggere, chi non dovrebbe predicare predica continuamente. Oramai, c’è stato un rovesciamento completo di ciò che sarebbe logico aspettarsi, visto che la liturgia e per la gloria di Dio in primis, e conseguentemente per la santificazione dei fedeli. Ma oggi, sembra che lo scopo principe sia quello della gloria dei fedeli. Poi, questo può essere detto fino a un certo punto: in effetti, i fedeli sono le prime vittime di questa sciatteria liturgica, in quanto non possono beneficiare della piena attuazione dei linguaggi liturgici nel modo a loro più congruo.
Insomma, attendiamo i giorni in cui la mano, oltre che piuma potrà tornare ad essere “fero”. Ma temo che sarà comunque troppo tardi.
Maestro, dovrebbe aumentare la dimensione dei caratteri
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