Le altre malattie
Come tutti sappiamo, in questi giorni c’è un tema unico che straborda da ogni parte: l’epidemia di coronavirus. Questo è anche comprensibile, considerando i gravi disagi che sta portando nella vita di tutti noi. Questa epidemia, non ha soltanto un impatto sanitario, ma ne ha anche uno importante dal punto di vista economico e uno anche dal punto di vista spirituale. Il modo in cui noi oggi possiamo vivere la nostra vita spirituale e liturgica è profondamente diverso rispetto a qualche settimana fa. Ma di questo parleremo in un’altra occasione.
Quello che mi sembra importante notare, è che il coronavirus ha praticamente messo tra parentesi ogni altro disturbo, potenzialmente anche molto più grave e molto più letale. Pensateci, se qualcuno improvvisamente si ammala di un’altra malattia che non ha nulla a che fare con questo virus, ci sono difficoltà enormi per potere andare negli ospedali, i medici di famiglia sono virtualmente inaccessibili se non per telefono o per e-mail, moltissimi studi privati hanno chiuso o hanno sospeso gli appuntamenti. Quindi, mi chiedo, cosa accade a coloro che nel frattempo si ammalano di altre malattie che necessitano cure urgenti?
Sembra un problema con cui non ci si vuole confrontare al momento, visto che siamo nel pieno di una emergenza sanitaria, ma in realtà se ci pensate bene la percentuale di persone che sviluppa sintomi non relativi all’infezione da coronavirus ma ad altre centinaia di possibili malattie non è certamente piccola, probabilmente è anche maggioritaria rispetto a coloro che si infettano con il coronavirus. Eppure queste persone si trovano quasi sempre delle porte chiuse e, come si dice in gergo popolare, “non sanno dove sbattere la testa”.
Tutti affermano che questa epidemia cambierà il mondo, e anche io sono convinto di questo. Certamente questa emergenza ha messo in piena luce tutti i limiti del nostro sistema sanitario, tutte le grandi deficienze che stanno oggi pesando in modo sconvolgente sulla vita di tante persone. Ricordo come nel passato, in molte zone della mia Roma, ci fossero tanti ospedali spesso fondati e tenuti da religiosi o religiose. Io vivo al centro, e solo intorno a me in tempi recenti sono stati praticamente chiusi o adibiti ad altro uso almeno due importanti ospedali, originariamente nati come opere della Chiesa cattolica. Si dà molta enfasi al fatto di assistere i bisognosi, ma non dobbiamo dimenticarci che la Chiesa questo lo ha fatto sempre, non fissandosi su certe categorie soltanto, ma assistendo tutti coloro che avevano veramente bisogno.
Questa emergenza, ha messo in luce delle carenze importanti, come quella che io ho esposto all’inizio: cosa si deve fare se ci si ammala di qualche altra malattia proprio in questo periodo? Questo lo dico perché è capitato a me di avere una emergenza sanitaria proprio nei giorni in cui si decideva la chiusura di tutto, e ho dovuto penare enormemente e spendere notevoli somme di denaro per avere un po’ di assistenza da un medico che sono riuscito a trovare privatamente. Purtroppo, il problema che avevo doveva essere gestito da un medico, in quanto implicava una cura a base di medicinali che non mi potevo auto prescrivere.
Io credo questa è un’occasione per riflettere sulla tenuta del nostro servizio sanitario, ma è anche un’occasione per la Chiesa cattolica per riflettere sulla propria vocazione “sanitaria“. Non che la Chiesa sia una ONG, ma attraverso il servizio a coloro che soffrono, tutti coloro che soffrono quale che sia la loro provenienza geografica, essa ha sempre mostrato il volto misericordioso di Gesù. Oggi tante strutture sanitarie ecclesiastiche sono in gravissimi guai finanziari, anche per la cattiva gestione economica in seno alle congregazioni stesse. Poi, molti ospedali cattolici, sono cattolici soltanto di nome ma non di fatto, in quanto in essi si svolgono a volte pratiche o vengono dati consigli medici che apertamente oppongono la morale cattolica. Insomma, una sana riconsiderazione del proprio ruolo a servizio di coloro che soffrono potrebbe essere uno dei frutti più significativi di questo periodo così grave che stiamo vivendo.
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