venerdì 3 luglio 2020

L’incredulità di san Tommaso Apostolo

La Chiesa cattolica celebra il 3 luglio la festa liturgica di san Tommaso apostolo, un santo spesso associato con il momento di incredulità che conobbe quando incontrò il Signore risorto e che ci viene raccontato in Giovanni 20, 19-31: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!". Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. 
Ora, mi sembra importante notare alcune cose. La prima è che l’apparizione successiva di Gesù avviene otto giorni dopo la manifestazione di dubbio e di incredulità da parte di san Tommaso; questo ci dice che bisogna avere una certa pazienza nelle cose spirituali, non pretendere tutto e subito. La pedagogia di Dio non è la nostra stessa pedagogia, egli ha le sue vie e i suoi modi per raggiungere il nostro cuore. Lo stesso Tommaso, in precedenza, aveva detto: “Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?" (Gv 14, 5). Questo desiderio di controllo è umanamente comprensibile ma non sempre corrisponde ai piani di Dio. Ma non ce lo nascondiamo, siamo tutti un poco San Tommaso.
La seconda è che Gesù esalta la fede, quella di chi pur non avendo visto crede, ma non disprezza il dubbio, non disprezza coloro che vengono frenati dai limiti che sono propri alla nostra umanità.
La terza è che Gesù si riconosce nella sua Passione. Questo lo identifica bene Benedetto XVI nel 2006, quando parlando del nostro Tommaso dice: “Notissima, poi, e persino proverbiale è la scena di Tommaso incredulo, avvenuta otto giorni dopo la Pasqua. In un primo tempo, egli non aveva creduto a Gesù apparso in sua assenza, e aveva detto: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò!" (Gv 20, 25). In fondo, da queste parole emerge la convinzione che Gesù sia ormai riconoscibile non tanto dal viso quanto dalle piaghe. Tommaso ritiene che segni qualificanti dell'identità di Gesù siano ora soprattutto le piaghe, nelle quali si rivela fino a che punto Egli ci ha amati”. Questo è un bell’insegnamento che mi ha lasciato il padre passionista Enrico Zoffoli, che sempre ci insegnava che era un errore non mettere la Passione di Gesù al posto che le compete esaltando solo la Sua Risurrezione. Mi sembra che questo passaggio del Vangelo di Giovanni mette tutto nella giusta prospettiva.
Cosa ci insegna san Tommaso Apostolo? Ci insegna che la vita è milizia, è lottare contro i tanti ostacoli che giorno dopo giorno ci si frappongono, spesso inaspettati. Ci insegna che siamo tutti membri di questa milizia, che tutti cadiamo, ma che abbiamo anche la possibilità di rialzarci. Ecco, la possibilità di rialzarci è una delle grandi grazie che ci è stata concessa. Nessuno è perfetto, tutti possiamo avere dubbi, li ha avuti persino Tommaso, che fu alla presenza di Gesù. Con questa consapevolezza, dobbiamo avere sempre un rinnovato coraggio nel riprendere il cammino, certo dubbiosi e incerti, ma mai domati.

mercoledì 17 giugno 2020

La difficoltà dell’abbandono



Abbandonarsi è una cosa difficile, direi a volte estremamente complessa. Quante volte sentiamo dire che dobbiamo abbandonarci a Dio, ma vi assicuro che tra il dire e il fare...e questo lo si capisce nel momento della prova, quando si fa i conti con una realtà che facciamo fatica a controllare.
A volte viviamo imprigionati da paure, da ansie, da tensioni che ci dilaniano dentro e che ci rendono irrequieti, sempre impauriti per quello che potrebbe accaderci. La vita non sempre ci sorprende positivamente, facciamo anche incontri che non sono buoni per noi. Ci capitano circostanze in cui ci è chiesto di lasciare andare quello che siamo e metterlo nelle mani di un altro. Non è facile, anzi è molto difficile, talvolta veramente arduo.
Eppure se pensiamo che in fondo siamo nulla, tutto diviene più semplice. Siamo nulla, veramente nulla.

martedì 12 maggio 2020

3 ragioni per cui un laico potrebbe guidare la congregazione per il culto divino (e 1, ma importante, per cui è meglio di no)

In questi giorni ho letto da qualche parte della proposta per cui il successore del Cardinale Robert Sarah alla guida della congregazione per il culto divino, quando il prelato andrà in pensione, potrebbe essere un laico. Ovviamente si parla soltanto di idee che lasciano il tempo che trovano, ma non sarà inutile, come esercizio di scuola, rifletterci sopra. Voglio dare 3 ragioni per cui questo potrebbe essere possibile ed una, ma importante, per cui è meglio di no.
  1. I laici possono essere molto più ortodossi di sacerdoti, vescovi o cardinali (e fermiamoci qui). Io dico sempre che spesso è meglio leggere autori cattolici laici che, quando ben formati, sono certamente più utili di tanti prelati che, anche per ragioni di sopravvIvenza, devono ripetere la stessa narrativa per compiacere i superiori. Certamente noi siamo grati che in questo momento il Cardinale Sarah sia alla guida del culto divino, ma sappiamo come in un momento di confusione così grande la salvezza non verrà dal clero, perché troppo coinvolto con il sistema clericale di cui fa parte e che in larghi settori rema contro l’ortodossia dottrinale, ma verrà dai laici, molto più indipendenti. Quindi dal punto di vista dell’ortodossia, non avrei paura di avere un laico a capo di una congregazione.
  2. L’amore per la liturgia può essere più grande in un laico che in tanti sacerdoti. Questo fatto l’ho potuto osservare in tante occasioni, in cui molti del clero si servono della liturgia per esibirsi tra la disapprovazione di laici ben informati. L’amore della liturgia non arriva con l’ordinazione sacerdotale, malgrado la frequentazione quotidiana con essa. A questo amore e apprezzamento si deve essere formati, e purtroppo negli ultimi decenni questa formazione all’amore per la bellezza e dignità della liturgia è stata quantomeno carente nei seminari e negli istituti di formazione. Si potrebbe pensare che un laico non può capire la liturgia perché non può celebrarla, ma sarebbe come dire che un prete non può parlare di sessualità perché non dovrebbe...vabbeh, avete capito. O un medico non può parlare di una malattia se non l’ha avuta. Naturalmente il laico che ho in mente dovrebbe essere profondamente edotto nella liturgia e nel suo splendore più autentico.
  3. Il laico può essere indipendente, se lo vuole. Ora, qui molti penseranno ad alcuni laici che conoscono e che lavorano in Vaticano o per qualche ufficio curiale e potranno osservare che sono più clericalizzati dei sacerdoti. Sarebbe una giusta osservazione. Infatti ho detto che può essere indipendente...se lo vuole. Purtroppo, molti pensano solo alla carriera, al prestigio, alla posizione, ai soldi che ne derivano. Non ci facciamo illusioni, questo è l’ambiente. Se dipendi economicamente dal tuo datore di lavoro, sia il Vaticano o altro, difficilmente puoi ribellarti. Ma per il laico, a mio avviso, se ben motivato, è certamente più semplice coltivare spazi di libertà interiore che possono essere manifestati quando si lavora con superiori intelligenti.
Ora, il motivo per cui tutto quello che ho detto è meglio che non accada. Ed esso è semplice. Un laico alla guida di una congregazione, specialmente se non acquiescente alla narrativa dominante, verrebbe stritolato dal sistema clericale. Quante volte ho sentito dire che era meglio che alcune cappelle musicali erano dirette da membri del clero, pur se di mediocre valore musicale, in quanto potevano sopravvivere meglio alle traversie causata dai Capitoli o dai superiori ecclesiastici. Non ci illudiamo, questa è la Chiesa, il laico è sempre al di fuori di un certo sistema che cerca solo di preservarsi.