venerdì 6 marzo 2020

Le prove di canto prima della Messa

A volte non è semplice far partecipare le persone che attendono la Messa alle parti che a loro competono. Perché è importante ripetere, che non è necessario che il popolo canti tutto, questo non si trova in nessun documento, non è utile, pratico, non è probabilmente anche appropriato. I documenti del Concilio dicono chiaramente che ognuno deve partecipare suo modo, non tutti devono fare tutto, il partecipazionismo non è consono alla natura della liturgia cattolica.
Qual è il modo per far partecipare le persone al canto? Uno dei più pratici è fare una prova di canto con le persone prima della Messa. Ora, questo metodo ha certamente delle controindicazioni. E, la prima che viene alla mente è certamente riferita al fatto che molto spesso le persone arrivano a Messa non un minuto prima dell’inizio, ma 10 minuti dopo. Quindi, per alcuni potrebbe essere non pratico. Ma, se questa diviene una consuetudine, potrebbe forse cambiare le abitudini di qualcuno. Anche perché, lo dico ancora una volta, il cantare a Messa non è un obbligo, se qualcuno proprio non si sente di cantare lo si lasci in pace. Non bisogna far divenire l’esigenza di cantare un qualcosa che deve costringere persone che non sono educate a cantare in nessun contesto, quindi trovano difficile cambiare il proprio atteggiamento per un’ora a settimana. Poi, c’è da dire che il canto dei fedeli deve riguardare soltanto alcune parti del programma musicale della liturgia, deve esserci spazio per il coro, il solista in alcune parti, l’organo. Insomma, se non si pretende l’impossibile, riuscire a far partecipare le persone nei momenti allora appropriati è possibile, sempre limitatamente a coloro che vogliono cantare.
Quello che io vedo, e che spesso queste prove vengono fatte in modo sbagliato. Per alcuni, la prova significa far cantare al coro alcuni canti ma senza nessuna interazione con l’assemblea. L’assemblea semplicemente ascolta e certamente non si unirà mai al canto se non viene specificamente invitata. Io credo che la cosa più importante in questo caso, è creare un “rapporto“ con coloro che siedono sui banchi. Ho visto io stesso, che quando ci si rivolge direttamente a loro facendo capire che siamo veramente interessati alla loro partecipazione, sempre con educazione e gusto, qualcuno in più si fa coraggio e unisce la propria voce a quella del coro. Se non li si interpella direttamente, non ci sono santi, loro spontaneamente non si uniranno al canto. Specialmente nel nostro paese, le persone non sono educate a cantare in coro, sembra strano dirlo, ma certamente la nostra tradizione di cantare in coro e molto meno sviluppata rispetto al canto solistico. Nei paesi come l’America, Inghilterra, i paesi nordici, certamente c’è una tradizione corale molto più sviluppata. Quindi, è meno difficile coinvolgere le persone nel canto. Quindi, quando si fanno le prove prima della Messa, bisogna relazionarsi prima di tutto ai fedeli che sono presenti, bisogna fargli capire che quei 5 o 10 minuti sono dedicati proprio a loro per cercare di coinvolgerli nelle parti della Messa a loro appropriate.
Poi, come ho detto in precedenza, si deve essere realisti. Se si pensa che l’intero programma musicale possa essere sostenuto dal canto dell’assemblea, sì è veramente fuori dal mondo. Ripetendo gli stessi canti ogni domenica, si appiattisce la ricchezza delle liturgie particolari, si riduce tutto ad una vaga e astratta liturgia, che non serve certamente quell’assemblea che si crede di servire. Detto questo, bisogna ribadire che l’assemblea deve partecipare ad alcuni ritornelli, acclamazioni, risposte; non deve fare tutto. Con la scusa di coinvolgere l’assemblea, ho visto chiese dove gli stessi canti vengono ripetuti non da una Messa all’altra, ma addirittura nei decenni. Gli stessi identici canti cantati tutte le domeniche per 20 o 30 anni (parlo di questo perché posso testimoniarlo personalmente avendolo visto in una importante basilica romana). Non parlo naturalmente di quei canti che per la loro natura hanno una veste musicale più o meno univoca, prendiamo per esempio il padre nostro, solitamente offerto nella versione di tipo “gregoriana“. In questo caso è comprensibile. Ma ci sono chiese in cui una sola melodia per il salmo responsoriale viene praticamente adattata a tutti i salmi per tutto l’anno liturgico. Questo è un grave errore.

Insomma, si stabilisca una connessione con l’assemblea, cercando di coinvolgerli personalmente al canto, magari facendo ripetere certe cose quando si percepisce che la partecipazione non è stata poi così generosa, e soprattutto non pretendere l’impossibile. Se l’assemblea può unirsi in alcuni ritornelli o in alcune acclamazioni, già la loro partecipazione al canto è assicurata. Io ho l’esperienza in questo senso quando vivevo in Asia. Nelle Messe in cui avevo la responsabilità della musica liturgica, pretendevo che fossero cantate le antifone tratte dal messale per l’introito e la comunione, quindi ogni domenica i testi cambiavano. Allora, c’erano alcune versioni di queste antifone (o le componevo io) in lingua inglese, ed erano abbastanza semplici. Prima della Messa, le facevo cantare al coro per farle imparare all’assemblea. Non pretendevo che tutti cantassero, tanto questo non succede in ogni caso. Ma c’erano quelli che si univano volentieri al canto, e questo era anche un canto veramente liturgico perché si cantavano i testi della Messa. Come viene spesso detto non bisogna cantare durante la Messa, ma bisogna cantare la Messa. Certo, questo richiede un certo impegno da parte della Chiesa stessa e da parte dei musicisti che hanno l’incarico di fare queste cose. Ecco perché non si può affidare tutto al primo che sa suonare il giro di Do. Ma questo è stato già detto troppe volte.

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