martedì 4 febbraio 2020

Dalla “buona morte” a “buoni per la morte”

Un tempo, si pregava per avere una “buona morte“. Cosa significava questo? Significava chiedere a Dio di poter finire i propri giorni su questa terra in grazia sua, cercando di essere il più possibile sollevati dal peso dei peccati. Certamente conosciamo bene la nostra natura fragile e incline al peccato; quindi il pregare per avere una buona morte è certamente una cosa molto utile e opportuna. Purtroppo, oggi l’attenzione si è spostata. Se ti capita di assistere a dei funerali, vedrete che molti sacerdoti non presentano ai parenti e amici del defunto o della defunta quelle che sono le caratteristiche della speranza cristiana, la speranza di poter confidare nella misericordia di Dio malgrado l’indegnità della persona morta, ma si cerca di fare in modo che quella persona venga vista per forza in una buona luce,  viene fatto “buono per la morte”. Anche persone che hanno avuto una vita molto complicata, ladri, truffatori, grassatori, vengono presentate come “simpatiche, sorridenti, sempre disponibili“, facendo spesso trasalire gli astanti. Ora, io non pretendo che il sacerdote dica “il vostro congiunto era un delinquente!”, però non è neanche mentire. Attenzione, non dovrebbe essere sul fatto che il defunto fosse simpatico o meno, ma sul fatto che come battezzato può e deve confidare nella misericordia di Dio, lasciando stare quelle che sono state le sue mancanze durante il suo pellegrinaggio terreno. Forse, proprio per questa attenzione spostata sulle “virtù“ del defunto, ha un senso il fatto che quando la messa finisce si applaude al passaggio della bara. Ma si applaude che cosa? Che merito ha quella persona? Di essere morta? Non mi sembra un grande merito per cui si debba essere lodati ed applauditi. Purtroppo, da questa ora estrema nessuno può sfuggire.
Certo, per chi è Cristiano, questo momento significa il passaggio dalla vita terrena alla vita eterna. Questo passaggio ha varie modalità, e sarà Dio ovviamente ad accettare presso di sé immediatamente coloro che avranno perseverato nei suoi insegnamenti durante la vita terrena mentre riserverà un periodo di espiazione nel Purgatorio a coloro che hanno zoppicato più che camminare, mentre condannerà all’inferno coloro che lo hanno rifiutato senza appello. Ma ricordiamo sempre, che è cosa buona invocare “la buona morte“, anche se sappiamo che nella nostra vita ci sono molte cose che ci fanno vergognare, ci fanno pensare alle nostre mancanze nei confronti del Padre celeste.
Un tempo con la morte si aveva una consuetudine maggiore, oggi si tende a nasconderla anche nella terminologia. Non su muore, si scompare, si viene a mancare, si viene tolti all’affetto dei cari...papa Francesco dice in riferimento al chiamare la morte sorella: “È un’espressione che a me non dice molto. Certo, fa parte della mia cultura, Francesco è geniale, ma non chiamerei “sorella” la morte. Mi piace pensare alla morte come all’atto di giustizia finale. La morte è così da un lato il salario del peccato, ma dall’altro apre la porta alla redenzione. Convivere con la morte non fa parte della mia cultura, ma ognuno di noi ha la propria”. E da noi, questa consuetudine con il fatto che la vita ha un termine, formava l’immaginario di tutti. Pensiamo anche alle belle liturgie con i canti per i defunti, il Requiem, il Dies irae, il Libera me. Quanto la musica deve anche a queste liturgie, quanti capolavori sono stati scritti per questa occasione.

Un tempo si facevano pii esercizi per la buona morte, per prepararsi a quel momento. Ho trovato questa preghiera di san Pompilio Maria Pirrotti (1710-1766), reperita sul sito di Alleanza Cattolica, che può essere ancora utile: “M’incammino, Signore, verso la mia eternità, circondato da grandi spirituali nemici. Temo e tremo specialmente per il momento della morte, dal quale essa dipenderà, per la guerra atroce che avesse a muovermi il demonio, sapendo restargli poco tempo per la mia eterna rovina. Desidero quindi, o Signore, prepararmici fin da ora, offrendovi oggi stesso per il mio estremo momento quelle proteste di fede e di amore verso di voi, che sono tanto atte a reprimere e rendere vane tutte le arti insidiose e maligne del nemico e che io intendo opporgli in quel punto di così gravi conseguenze, qualora egli ardisse anche solo di attentare con i suoi inganni alla tranquillità e pace dello spirito mio. Io N.N., in presenza della santissima Trinità, della beatissima Vergine Maria, del mio santo Angelo Custode e di tutta la corte celeste, protesto di voler vivere e morire sotto l’insegna della santa Croce. Credo fermamente tutto quello che crede e professa la Santa Madre Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Intendo di voler morire in questa santa Fede, nella quale morirono tutti i santi Martiri, Confessori, Vergini di Cristo e tutti quelli che hanno salvato l’anima loro. Se il demonio mi tentasse di disperazione per la moltitudine e gravità dei miei peccati, io fin da ora protesto di sperare fermamente nella misericordia infinita di Dio, che non si farà vincere dalle mie colpe, e nel Sangue prezioso di Gesù, che le ha lavate. Se il demonio mi assalisse con tentazioni di presunzione per quel poco di bene, che con l’aiuto di Dio avessi potuto fare, confesso fin da ora di meritare invece mille inferni per i miei peccati e mi affido alla infinita bontà di Dio, per la cui grazia unicamente io sono quello che sono. Infine se il demonio mi suggerisse essere eccessivi i dolori, con i quali il Signore mi affliggesse negli ultimi momenti della mia vita, io protesto fin da ora che tutto sarebbe un nulla per i castighi meritati in tutta la mia vita, e ringrazio Iddio che mi darebbe con questi dolori occasione di scontare in questa vita ciò, che nell’altra dovrei scontare nel purgatorio. Nelle amarezze dell’anima mia ripenso tutti gli anni miei: vedo le mie iniquità, le confesso e le detesto. Confuso e dolente mi rivolgo al mio Dio, al mio Creatore e Redentore. Deh, perdonami, o Signore, per la moltitudine delle tue misericordie; perdona al servo tuo, che hai ricomprato col tuo Sangue prezioso. Dio mio, a te ricorro, te invoco, in te confido, all’infinita tua pietà commetto ogni ragione della mia vita. Troppo ho peccato: non entrare in giudizio col servo tuo, che si rende vinto e si confessa reo. Non posso da me recarti soddisfazione delle molte offese: non ho di che pagarti e infinito è il mio debito. Ma il Figlio tuo ha sparso il suo Sangue per me e maggiore della mia iniquità è la tua misericordia. O Gesù, sii il mio Salvatore! Nell’ora del tremendo passo poni in fuga il nemico dell’anima mia: fammi superare ogni difficoltà, Tu, che fai solo grandi meraviglie. Signore, per la moltitudine delle tue misericordie entrerò nella tua casa. Affidato alla tua pietà, nelle tue mani rimetto il mio spirito! Che la Vergine Maria e l’Angelo mio Custode accompagnino l’anima mia nella celeste patria. Così sia”. Insomma, gioiamo della vita, ma prepariamoci a partire.

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