domenica 9 febbraio 2020

Qualche riflessione sul salmo responsoriale

Come tutti sappiamo, nella forma ordinaria della messa, la nuova messa di Paolo VI, è stato introdotto, dopo la riforma liturgica successiva al Vaticano II, il salmo responsoriale. Questo prendeva effettivamente il posto del graduale, un canto interlezionale molto elaborato e che richiede grande perizia tecnica per l’esecuzione, quindi riservato al solista e al coro. Per favorire la partecipazione dell’assemblea si è ritornato ad una forma liturgica più semplice, visto che l’assemblea ha la possibilità di unirsi nel ritornello. Dal punto di vista letterario, si può anche essere d’accordo; ma bisogna stare attenti quando si fanno dei riferimenti all’aspetto musicale. In quanto, se è vero che il modello del salmo responsoriale somiglia a quello che ci viene descritto in alcuni testi dei Padri, vedi per esempio Sant’Agostino, noi non siamo sicuri di quale musica venisse applicata a quelle forme descritte dagli stessi Padri. Quindi, dal punto di vista musicale, il salmo responsoriale, è una “nuova forma“. Cioè dal tempo patristico, non abbiamo una evoluzione di questa specifica se non quella che sfocia nel canto virtuosistico del graduale. La dinamica solista-assemblea è un ritorno degli ultimi decenni.
Una cosa però mi sembra importante poterla notare: questo salmo, proprio perché ha decretato la rinuncia ad un repertorio comunque mirabile, come quello dei graduali gregoriani, dovrebbe essere cantato. In effetti, tutta la vicenda era proprio nel far partecipare in canto l’assemblea. Ma se si girano le nostre parrocchie, si noterà che per la maggior parte questi salmi vengono oramai recitati. A volte viene cantato soltanto il ritornello, in alcuni casi si canta tutto ma non sempre quello che viene cantato è adeguato. Ho potuto testimoniare, in più di un caso, l’applicazione della stessa melodia e della stessa formula salmo dica per tutti i salmi responsori ali dell’anno, cosa che per me è estremamente sbagliata. Proprio perché ogni salmo rappresenta un particolare sentimento religioso, dovrebbe avere una veste sua propria. Vero è che i graduali erano costruiti su formule che dunque si ripetevano tra un salmo è l’altro, ma esse erano costruite e tagliate sul testo con un arte ed una cura che non sono neanche paragonabili a quello a cui assistiamo oggi.
Ci sono vari modi per eseguire il salmo responsoriale, dalla cantillazione al salmo in musica, in cui le strofe sono non semplicemente declamate su un tono di recita con eventuali cadenze e intonazioni, ma sono musicate con melodie per esteso. Questo modo è molto più popolare nei paesi anglosassoni, ma non molto da noi. Qui da noi, come in fondo per tutto il resto, c’è un approccio minimalistico, si cerca di fare il meno possibile, anche perché le forze disponibili per la musica liturgica nelle parrocchie sono sempre di meno e di qualità sempre meno pregiata. Questo, non perché manchino bravi musicisti o bravi cantori, ma perché non c’è interesse da parte delle gerarchie ecclesiatiche nel coltivare coloro che potrebbero proporre dei repertori di musica liturgica appropriata.

Ecco allora che il salmo responsoriale, diviene la cartina di tornasole, per capire quella che è in fondo la crisi della musica per la liturgia. Basta vedere i ritornelli diffusi sui foglietti della Messa più diffusi e si capisce tutto. Naturalmente ci sono delle realtà in cui si dà ancora valore a questo momento liturgico, e lo si cura. Ma non mi sembra che siano ormai la maggioranza nelle nostre parrocchie. Quindi bisognerebbe riflettere ancora su questo momento della liturgia e cercare di capire come valorizzarlo e come farlo essere degno delle esperienze che provengono dalla nostra gloriosa tradizione.

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