domenica 2 febbraio 2020

Pietro Aron e la musica come arte del bel cantare

Tra i teorici più importanti nel periodo rinascimentale possiamo contare Pietro Aron (o Aaron, 1489-1545), autore di numerosi trattati che porranno la base per la comprensione di alcuni fenomeni musicali e musicologici in evoluzione nel suo periodo. Nativo di Firenze, sembr pa che fu attivo a Roma sotto papa Leone X, non a caso della famiglia Medici che di Firenze era signora e padrona. Ma su questo suo soggiorno romano non concordano tutti i musicologi. Fu attivo in altre città italiane come Venezia, Rimini ed Imola, ed altre ancora. 
Nel suo Compendiolo di molti dubbi, segreti et sentenze intorno al Canto Fermo, et Figurato, da molti eccellenti et consumati Musici dichiarate. Raccolte dallo Eccellente et Scienziato Autore frate Pietro Aron del Ordine de Crosachieri et della Inclita città di Firenze. In memoria a eterna, erit Aron Et nomen eius numquam destruetur (stampato a Milano nel 1547), troviamo alcune interrssanti informazioni sulle pratiche musicali e liturgiche dell’epoca. Ad esempio, parlando del Graduale nella Messa, cioè di quei versetti salmici che venivano cantati dopo l’epistola, così afferma: “I graduali & tratti debbono essere intonati con la voce piana & humile. Graduale è detto perché significa i gradi delle virtuti”. Forse riferiva al fatto che, essendo questi brani di grande difficoltà esecutiva, vanno affrontati con una certa raffinatezza interpretativa piuttosto che forzando l’esecuzione; il far risalire il nome “Graduale” ai gradi della virtù è probabilmente un omaggio a quell’allegorismo medioevale che ancora aveva buon corso al tempo di Aron. In realtà il nome è riferito ai gradini dell’ambone su cui veniva eseguito (ma secondo altri riferisce all’ambone stesso). 
Ci parla poi della commistione modale, cioè di quando in una composizione (specie, ma non solo, polifonica) troviamo anche elementi formali provenienti da altri toni: “Il tuono conmisto è quello, quando è autentico o plagale, & che in essi si ritrovino speti di altri tropi o tuoni, differenti dalla propria forma o compositione“. Frederik A. Dambrink ha studiato questo fenomeno in Commixtio Tonorum. A Study on the Interchanging of Modes (1976). Ne parla amche Bernhard Meier nel suo studio fondamentale sulla modalità in ambito rinascimentale. Carlo Marenco in La composizione del mottetto rinascimentale fa anche riferimento a questo fenomeno: “Assai controverso e tutt’altro che facile nella sua lettura è, invece, il fenomeno della “modulazione” (la mutatio toni o la commixtio tonorum degli antichi) la quale, secondo le correnti teorie, si verifica quando i profili melodici e le note portanti di un modo diverso s’inseriscono nell’impianto di base di quello d’imposto”.
Ma mi sembrano importanti alcune delle cose che dice a riguardo del canto. Intanto ecco una bella definizione: “La musica è una arte, laquale dimostra il modo di rettamente cantare, & con soave voce pronontiare”. Cioè, la musica è essenzialmente canto. In effetti la musica nasce come arte vocale, sin dalla musica antica e soltanto dopo il rinascimento la musica strumentale acquisirà un’identità propria. Ricordiamo che all’inizio la musica era meramente vocale e in antichità gli strumenti solo raddopiavano le parti vocali. Essa consiste, secondo il nostro teorico, nel saper pronunziare con voce soave, cioè pro (avanti)+ nuncius (annunzio), una dizione chiara e ben enunciata. Aron ci dice anche come deve intendersi una voce perfetta: “Voce perfetta è quella che è soave, chiara, netta, alta & bassa. Voce imperfetta è rauca, dissonante, né alta, né bassa“. Anche qui, si chiede una voce che sia soave e chiara in tutta la sua estensione (alta e bassa) e non disomogenea. Riecheggia senz’altro la definizione che Isidoro di Siviglia ci aveva dato nelle sue Etimologie: “Perfecta autem vox est alta suavis et clara: alta, ut in sublimi sufficiat; clara, ut aures adimpleat; suavis, ut animos audientium blandiat. Si ex his aliquid defuerit, vox perfecta non est“. Quel chiara, significa che sia in grado di riempire le orecchie, voce piena.

Dice ancora Aron: “Canto è inflessione di voce, & il suono precede il canto“. Canto è una particolare attitudine della voce parlata, un modo particolare di pronunciare e il suono precede il canto. Cosa significa? Io penso significhi che esista una qualità assoluta in senso platonico del suono a cui dobbiamo tendere, il suono perfetto, ed esso precede l’atto stesso del cantare. Cioè il suono concepito viene prima ed è più importante del suono pronunciato, così come Boezio in fondo ci insegnava nella sua classificazione musicale che tanta importanza avrà nella riflessione medioevale e rinascimentale, come in epoca moderna.

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