venerdì 14 febbraio 2020

Pio XII e la musica sacra come visione della maestà di Dio

Oggi, in occasione della visita in una bella chiesa romana, mi è capitato di sostare di fronte alla cappella dove fu battezzato l’ultimo Papa romano, Pio XII (1876-1958). Eugenio Pacelli era figlio della Roma più autentica, anche se verrà cresciuto negli ambienti nobiliari che erano consoni al rango della sua famiglia.
Pio XII fu un grande Papa anche per i suoi apporti nel campo liturgico, e anche in quello della musica liturgica, visto che era egli stesso appassionato violinista. Ricordiamo l’enciclica Musicae Sacrae Disciplina del 1955. Sarà utile commentare alcuni passaggi: “A nessuno certamente recherà meraviglia il fatto che la chiesa con tanta vigilanza s'interessi della musica sacra. Non si tratta, infatti, di dettare leggi di carattere estetico o tecnico nei riguardi della nobile disciplina della musica; è intenzione della chiesa, invece, che questa venga difesa da tutto ciò che potrebbe menomarne la dignità, essendo chiamata a prestare servizio in un campo di così grande importanza qual è quello del culto divino”. Ecco, sembra importante che il Pontefice ci ricordi come la cura che abbiamo per la musica sacra non è dovuta ad un vezzo estetico, ma perché essa è connessa con il culto divino, culmine e fonte della vita del cristiano.
“In ciò la musica sacra non ubbidisce a leggi e norme diverse da quelle che regolano ogni arte religiosa, anzi l'arte stessa in generale. Invero non ignoriamo che in questi ultimi anni alcuni artisti, con grave offesa della pietà cristiana, hanno osato introdurre nelle chiese opere prive di qualsiasi ispirazione religiosa e in pieno contrasto anche con le giuste regole dell'arte. Essi cercano di giustificare questo deplorevole modo di agire con argomenti speciosi, che pretendono far derivare dalla natura e dall'indole stessa dell'arte. Vanno, infatti, dicendo che l'ispirazione artistica è libera, che non è lecito sottoporla a leggi e norme estranee all'arte, siano queste morali o religiose, perché in tal modo si verrebbe a ledere gravemente la dignità dell'arte e a ostacolare con vincoli e legami il libero corso dell'azione dell'artista sotto il sacro influsso dell'estro”. Siamo ancora in tempi in cui si opponeva un certo modo di fare musica contemporanea con la musica anche contemporanea ma che sapeva adattarsi alle esigenze della liturgia. Oggi, non c’è neanche questa lotta, in quanto la diatriba è fra musica adatta alla liturgia e musica commerciale, quindi il piano della questione è tutt’altro.
“Con tali argomenti viene sollevata una questione senza dubbio grave e difficile, che riguarda qualsiasi manifestazione d'arte e ogni artista; questione che non può essere risolta con argomenti tratti dall'arte e dall'estetica, ma che invece dev'essere esaminata alla luce del supremo principio del fine ultimo, regola sacra e inviolabile di ogni uomo e di ogni azione umana. L'uomo, infatti, dice ordine al suo fine ultimo - che è Dio - in forza di una legge assoluta e necessaria fondata sulla infinita perfezione della natura divina, in maniera così piena e perfetta che neppure Dio potrebbe esimere qualcuno dall'osservarla. Con questa legge eterna ed immutabile viene stabilito che l'uomo e tutte le sue azioni devono manifestare, a lode e gloria del Creatore, l'infinita perfezione di Dio e imitarla per quanto è possibile. L'uomo, perciò, destinato per natura sua a raggiungere questo fine supremo, nel suo operare deve conformarsi al divino archetipo e orientare in questa direzione tutte le facoltà dell'animo e del corpo, ordinandole rettamente tra loro e debitamente piegandole verso il conseguimento del fine. Pertanto anche l'arte e le opere artistiche devono essere giudicate in base alla loro conformità con il fine ultimo dell'uomo; e l'arte certamente è da annoverarsi fra le più nobili manifestazioni dell'ingegno umano, perché riguarda il modo di esprimere con opere umane l'infinita bellezza di Dio, di cui essa è quasi il riverbero. Per la qual cosa, la nota espressione "l'arte per l'arte" - con cui, messo in disparte quel fine che è insito in ogni creatura, erroneamente si afferma che l'arte non ha altre leggi che quelle che promanano dalla sua natura - o non ha valore alcuno o reca grave offesa a Dio stesso, creatore e fine ultimo. La libertà poi dell'artista - che non è un istinto cieco nell'azione, regolato solo dall'arbitrio o da una certa sete di novità - per il fatto che è soggetta alla legge divina, in nessun modo viene coartata o soffocata, ma piuttosto nobilitata e perfezionata”.  Che belle e nobili parole! La libertà dell’artista non è quella di fare ciò che vuole, ma quella di adeguarsi alla ricerca della vera Bellezza, che è Dio. Non è una libertà suprema quella di poter cercare attraverso la musica Colui che ci ha liberato? La libertà assoluta è in fondo schiavitù, in quanto si poggia sul nulla e ci vincola alle nostre ansie e paure. 
“Ciò, se vale per ogni opera d'arte, è chiaro che deve applicarsi anche nei riguardi dell'arte sacra e religiosa. Anzi l'arte religiosa è ancor più vincolata a Dio e diretta a promuovere la sua lode e la sua gloria, perché non ha altro scopo che quello di aiutare potentemente i fedeli a innalzare piamente la loro mente a Dio, agendo per mezzo delle sue manifestazioni sui sensi della vista e dell'udito. Perciò l'artista senza fede o lontano da Dio con il suo animo e con la sua condotta, in nessuna maniera deve occuparsi di arte religiosa; egli, infatti, non possiede quell'occhio interiore che gli permette di scorgere quanto è richiesto dalla maestà di Dio e dal suo culto. Né si può sperare che le sue opere prive di afflato religioso - anche se rivelano la perizia e una certa abilità esteriore dell'autore - possano mai ispirare quella fede e quella pietà che si addicono alla maestà della casa di Dio; e quindi non saranno mai degne di essere ammesse nel tempio dalla chiesa, che è la custode e l'arbitra della vita religiosa”. La musica sacra, per elevare potentemente i fedeli a Dio, deve scrutare con l’occhio interiore dell’artista, come dice il Pontefice, la maestà di Dio. La musica sacra non è auto compiacimento della comunità, ma ha sempre lo sguardo allo Splendor Paternae Gloriae
“L’artista invece che ha fede profonda e tiene una condotta degna di un cristiano, agendo sotto l'impulso dell'amore di Dio e mettendo le sue doti a servizio della religione, per mezzo dei colori, delle linee e dell'armonia dei suoni farà ogni sforzo per esprimere la sua fede e la sua pietà con tanta perizia, eleganza e soavità, che questo sacro esercizio dell'arte costituirà per lui un atto di culto e di religione, e stimolerà grandemente il popolo a professare la fede e a coltivare la pietà. Tali artisti sono stati e saranno sempre tenuti in onore dalla chiesa; essa aprirà loro le porte dei templi, poiché si compiace del contributo non piccolo che essi con la loro arte e con la loro operosità danno per un più efficace svolgimento del suo ministero apostolico”. Qui il Papa non è stato profeta, anche perchè se fosse vivo oggi potrebbe vedere come la Chiesa ha in realtà chiuso le porte a molti artisti che lavorano nella direzione auggerita da Pio XII mentre sono spesso in onore gli artisti “lontani”, coloro che rappresentano i lati peggiori della contemporaneità.
“Queste leggi dell'arte religiosa vincolano con un legame ancora più stretto e più santo la musica sacra, poiché essa è più vicina al culto divino che le altre arti belle, come l'architettura, la pittura e la scultura; queste cercano di preparare una degna sede ai riti divini, quella invece occupa un posto di primaria importanza nello svolgimento stesso delle cerimonie e dei riti sacri. Per questo la chiesa deve con ogni diligenza provvedere a rimuovere dalla musica sacra, appunto perché questa è l'ancella della sacra liturgia, tutto ciò che disdice al culto divino o impedisce ai fedeli di innalzare la mente a Dio”. Qui possiamo veramente osservare come questa enciclica, che pur contiene concetti sempre validi, è in parte frutto di un tempo e di una mentalità ecclesiale che è stata completamente messa da parte in favore di un accomodamento alla modernità che sta dando i frutti che sono sotto l’occhio di tutti.
“E, infatti, in ciò consiste la dignità e l'eccelsa finalità della musica sacra, che cioè per mezzo delle sue bellissime armonie e della sua magnificenza apporta decoro e ornamento alle voci sia del sacerdote offerente sia del popolo cristiano che loda il sommo Dio eleva i cuori dei fedeli a Dio per una sua intrinseca virtù rende più vive e fervorose le preghiere liturgiche della comunità cristiana, perché Dio uno e trino da tutti possa essere lodato e invocato con più intensità ed efficacia. Per opera della musica sacra, dunque, viene accresciuto l'onore che la chiesa porge a Dio in unione con Cristo suo capo; e viene altresì aumentato il frutto che i fedeli, stimolati dai sacri concenti, percepiscono dalla sacra liturgia e sogliono manifestare con una condotta di vita degnamente cristiana, come dimostra l'esperienza quotidiana e confermano molte testimonianze di scrittori antichi e recenti”. Ecco, se non si ha come meta la gloria di Dio, si toglie anche il fondamento dell’edificazione dei fedeli.

Pio XII, è stato certamente un grandissimo Pontefice, e la sua opera liturgica dovrebbe essere certamente rivalutata. Fu infatti un Papa a cui si prestò attenzione anche durante il Concilio Vaticano secondo, anche se questo oggi sembra essere dimenticato. Richiamare l’importanza della dignità della liturgia, e l’importanza della dignità della musica sacra nel culto, è tema sempre attuale, e rileggere le parole di questo grande Pontefice non può che aiutarci nel cercare di uscire da una situazione che ormai si trascina da troppo tempo.

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