sabato 22 febbraio 2020

Gregorio magno, Enzo Bianchi, Giovanni Cavalcoli e i sette salmi penitenziali al tempo del coronavirus

Ricordo che tempo fa, per una rivista di liturgia, posi in musica uno schema per la pratica dei sette esami penitenziali. Questa circostanza mi è venuto in mente adesso, nei giorni in cui anche il mio paese, l’Italia, è completamente preso dall’epidemia del coronavirus. Nuovi casi sono scoppiati improvvisamente in Lombardia e la paura delle persone comincia a crescere, dando anche luogo ad episodi di intolleranza che sono razionalmente, totalmente ingiustificati. No, come tutti sappiamo, la paura non è razionale, la paura e forse ancora più contagiosa del virus stesso, quindi è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti, perché essa non si trasformi in psicosi che può andare facilmente fuori controllo. Coloro che hanno una prospettiva religiosa, cattolica, dovrebbero pensare che la preghiera è uno strumento importante in questi momenti così di ansia. Quando Roma era piegata da peste e miseria nel sesto secolo, Gregorio magno propose delle processioni di riparazione. Ad un certo punto, all’altezza di Castel Sant’Angelo, egli vide l’arcangelo Michele riporre la spada nella fondina, segno che quella emergenza era finita.
In un articolo su aleteia.it così vengono presentati i 7 salmi penitenziali: “Sono detti Salmi Penitenziali quelli che la Vulgata enumera come i salmi 6, 31, 37, 50, 101, 129 e 142. Più degli altri, possiedono sentimenti di penitenza, con cui il salmista constata la gravità del suo peccato e chiede a Dio il perdono immeritato. In questi sette salmi vediamo chiaramente la Maestà divina che viene insultata dal peccato, e di pari passo verifichiamo il vero – e pungente – esempio del salmista, che si pente completamente della cattiva azione commessa e implora da Dio indulgenza per i suoi crimini. Partendo da questo atteggiamento di contrizione nasce un’altra supplica: quella che Dio plachi la sua sana ira, e considerando l’infinita bontà divina il salmista prega Dio di alleviare il castigo. Da tempi immemorabili la Santa Chiesa ha adottato questi sette salmi per usarli come una “fonte penitenziale”, incutendo attraverso di loro nei fedeli il vero spirito di pentimento dei peccati e facendo sì che tutti si pentano delle proprie mancanze. Il risultato è che questi salmi figurano in vari momenti della vita della Chiesa – l’ufficio divino, la sacra liturgia, la recita quotidiana e silenziosa, il canto in coro. Origene affermava che il motivo che ha portato la Chiesa a scegliere sette salmi penitenziali equivaleva a sette modi con cui si acquisisce il perdono dei peccati: il Battesimo, il martirio, le elemosine, perdonando i peccati altrui, convertendo il prossimo, effondendo la carità e infine mediante la penitenza”. Ora, se è vero che Dio non vuole certamente il nostro male, può essere vero che Dio permette certe calamità per richiamare gli uomini alle proprie responsabilità. Ricordiamo la polemica che ci fu qualche anno fa e che coinvolse il padre domenicano Giovanni Cavalcoli, proprio in merito a delle sue affermazioni su questo argomento. In una riflessione su comunita-abba.it, il padre Cavalcoli precisa: “In Avvenire del 27 agosto scorso Enzo Bianchi ha pubblicato alcune sue riflessioni sul recente terremoto, e pensando di consolare gli afflitti e di dare una risposta illuminante al perchè Dio ha permesso una tale sciagura, rispolvera la ben nota eresia, secondo la quale «Dio non castiga», falsità contraria alla sana ragione, alla Sacra Scrittura, al Magistero della Chiesa e all’insegnamento di tutti i Santi; ma, secondo lui, Dio è sempre e solo «misericordioso» con tutti e porta tutti, credenti e non credenti, in paradiso. Un’asserzione dolciastra del genere, gravissima sulle labbra di chi dovrebbe essere un uomo di Dio, toglie agli sventurati quell’impareggiabile conforto che viene dalla nostra fede, aggiunge amarezza ad amarezza, lasciandoli nell’angoscia, e spinge a bestemmiare un Dio che sarebbe «buono» nel mandare i terremoti. Cerchiamo di rimediare alla “droga tagliata male” spacciata da Bianchi proponendo il vero insegnamento evangelico, e supponendo nel lettore la disponibilità all’ascolto della Parola di Dio. Il mistero cristiano non esclude la ragione, ed è meglio una medicina amara che una bevanda dolce ma avvelenata. Diciamo allora innanzitutto che Bianchi si dimentica che la misericordia solleva dalla sofferenza o la impedisce ; si dimentica altresì che, in linea di principio, la sofferenza è la pena del peccato. E quindi la sofferenza non dipende dalla misericordia, ma dalla giustizia. Sicché, chiamare «misericordioso» uno che mi maltratta, è una presa in giro. Dunque, quando Dio permette le sciagure, non dimostra immediatamente la sua misericordia, ma la sua giustizia. È assurdo e derisorio tentare di spiegare la sofferenza con la sola misericordia trascurando la giustizia. Questo non vuol dire che quando mi capita una disgrazia, ciò sia sempre la punizione divina per un peccato che ho commesso. Ciò può essere in certi casi; ma non è detto che sia sempre così. Infatti, in realtà, in questa vita accade che ci siano dei malfattori di professione che la fanno franca e degli innocenti senza colpa alcuna che sono colpiti da sventure…”. Insomma, siamo alle solite, con la svalutazione della giustizia a discapito della misericordia. Quindi, Dio può permettere certe sciagure per richiamarci in certi momenti della nostra vita privata o della vita pubblica di certi paesi e certe società. Certo, questo coronavirus tocca tutto il mondo, o quasi. Allora, con molta capacità di discernimento, una parola oggi molto di moda, dovremmo capire che cosa Dio ci vuole dire. Ripetiamolo, non bisogna pensare che questo Dio quasi “gioisca” di queste sofferenze. E come il genitore che mette in punizione il figlio per ottenere qualcosa di più alto, come un insegnamento morale o educativo; certamente non gode della sua durezza nei confronti della carne della sua carne, ma pensa che essa sia necessaria.
Ecco allora, che in questi tempi oltre alle misure sanitarie necessarie, che vanno certamente rispettate con grande scrupolo, la preghiera è veramente importante. Al tempo di Gregorio magno si poteva accettare di andare tutti in processione, ma oggi questo sarebbe poco praticabile, proprio perché sappiamo che far riunire più persone in uno stesso luogo quando è in atto un epidemia non è certamente una misura da incoraggiare. Ma la preghiera privata, il rosario, i sette salmi penitenziali, sono tutte cose che non possono che fare bene al nostro corpo, proprio perché fanno bene alla nostra anima.


Nessun commento:

Posta un commento