sabato 8 febbraio 2020

Elogio delle campane di chiesa

Sarò impopolare con qualcuno, ma ritengo che bisognerebbe rivalutare l’importanza che aveva nella vita civica il suono delle campane delle chiese. Certamente in alcuni luoghi ancora questo suono è possibile ascoltarlo, ma sempre meno, viene sempre più considerato come un fastidio“, perché disturba la “tranquilla“ laica vita della nostra società. Pure, questo suono aveva una importanza veramente speciale nella vita delle nostre città, dei nostri villaggi, dei nostri paesi, perché scandiva le ore del giorno sempre sotto il segno di Dio. Era sempre la voce delle campane, che ci diceva quando si era fatta una certa ora della sera o era il momento di rivolgersi alla vergine Maria per l’Angelus. Era, insomma, un mettere tutte le nostre vite sotto il segno del divino.
Oggi, questo dà fastidio, perché di Dio non vogliamo sentir parlare, preferiamo pensare che non esista più, preferiamo pensi pensare che il coro delle campane, sia solo un retaggio del passato, qualcosa che possiamo ammirare ancora sopra i campanili, ma che non fa più parte del nostro modo di vivere. Certo, per alcuni è comodo pensarla in questo modo, anche se non si rendono conto di quanto abbiamo perso senza questo segnale che ci faceva volgere la mente sempre alle cose di lassù, e non solo alle nostre faccende terrene.
Forse per questo, per l’importanza che queste queste campane avevano nella nostra società, esse venivano benedette, venivano come battezzate.
Giuseppe Pettenuzzo (saveriani.it) così descrive l’importana delle campane: “Le campane suonano dentro di noi e, come una voce, ci parlano. Ogni campana ha un nome e un suono particolare, una tonalità che corrisponde a una nota musicale. Più campane possono anche accompagnare le melodie di una canzone. Da loro sentiamo se cantano a festa o se soffrono per la morte di una persona. Avvisano se è nato un bambino, se si celebra un battesimo o un matrimonio. Scandiscono le ore, alcune suonano addirittura ogni mezz’ora. È bello sentire la ripetizione dei rintocchi: dieci rintocchi, una pausa, un nuovo rintocco, sono le dieci e mezza. Sono una voce universale che viene dalle chiese, dalle torri cittadine, da edifici pubblici. Tutti comprendiamo il significato della loro voce. Indicano il tempo che fa: quando si avvicina un temporale pericoloso, in certi casi, ci dicono di tornare a casa, di non uscire, perché c’è pericolo. Addirittura si usano per prepararci a qualche avvenimento, come nei tempi di guerra. La mattina ci svegliano, la sera ci augurano la buona notte. Molte volte aspettiamo questo saluto per una preghiera e per alzarci o, la sera, per spegnere le luci e dormire. Ricordo il campanone, Pietro; la mediana, Santa Maria; la piccola, Giovanni; il campanello.. beh, questo era la voce della mamma. Tutti suoni di sicurezza e di compagnia”. Insomma, erano un segno della presenza di Dio nella vita di tutti i giorni. Esse hanno anche un significato mistico, una sorta di protezione dalle forze malefiche. Eppure oggi a molti danno fastidio, esse sono oggetto di denunce in quanto “disturbano il sonno di alcuni“. Oppure disturbano la loro coscienza.
Forse la voce di un poeta e sacerdote rosminiano come Clemente Rebora, nella sua “Campana di Lombardia”, ci aiuterà a mettere le cose in prospettiva:

“Campana di Lombardia,
voce tua, voce mia,
voce voce che va via
e non dài malinconia.
Io non so che cosa sia,
se tacendo o risonando
vien fiducia verso l'alto
di guarir l'intimo pianto,
se nel petto è melodia
che domanda e che risponde,
se in pannocchie di armonia
risplendendo si trasfonde
cuore a cuore, voce a voce 
Voce, voce che vai via
e non dài malinconia”.


Chissà, forse saremo salvati dalla poesia.

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